Si è concluso da poco con un’escursione in Germania il corso di formazione “La filiera della birra artigianale in Trentino: opportunità e criticità” organizzato dal Gruppo Giovani Imprenditori dell’Associazione Artigiani d’intesa con il Gruppo Giovani Impresa Coldiretti. Questa iniziativa nasce all’interno dei Piani d’Ambito Economico, uno degli strumenti sostenuto dalle Politiche Giovanili della Provincia di Trento per far crescere la cultura d’impresa nei giovani. Non si tratta di un semplice corso che parla di “birra” ma di momento formativo che ha l’obiettivo di coinvolgere vari soggetti che stanno o intendono sviluppare un progetto imprenditoriale legato alla bevanda di Cerere.
La logica è quella di fare rete. Il mondo agricolo e quello artigiano possono (e lo speriamo veramente) collaborare in maniera proficua per sviluppare percorsi virtuosi di collaborazione e crescita. Ecco quindi che accanto a chi già ha un birrificio vi può essere un agricoltore che produce orzo o luppolo con l’obiettivo di avere un prodotto realmente a km zero e 100% trentino: sicuramente un valore aggiunto per il mondo brassicolo della nostra provincia ma anche la possibilità di avere una birra legata al territorio e alla tradizione agricola delle nostre montagne. I cereali in passato erano un elemento decisamente importante per l’economia delle Alpi e in prospettiva futura speriamo possano esserlo ancora.
I partecipanti al corso sono stati principalmente gli associati alle due associazioni di categoria, compresi alcuni birrifici trentini ma ha visto la presenza anche di alcuni studenti che frequentano il percorso universitario della Fondazione Mach.
Il corso era diviso tra una parte di aula ed un viaggio di tre giorni in Franconia, a Bamberg e dintorni. La prima lezione, curata da Romano Gnesotto, somelier e docente dei corsi d’Accademia d’Impresa sulla birra, era incentrata sulla nascita del fenomeno birre artigianali in Trentino, dalla loro genesi al boom degli ultimi 2 anni. Il luppolo e l’orzo sono stati i protagonisti della lezione successiva con la presenza dell’effervescente Professor Antonio Michele Stanca del Centro di ricerca per la genomica e la postgenomica animale e vegetale di Fiorenzuola d’Arda (RE), che ha illustrato in maniera appassionata le caratteristiche dell’orzo e il processo di maltazione. Enzo Mescalchin e Flavio Kaisermann (Consulenti del Centro Trasferimento Tecnologico Fondazione E. Mach) hanno presentato l’attività della ricerca nel campo del luppolo e della coltivazioni dell’orzo da birra. Infine c’è stata la significativa testimonianza di quattro giovani agricoltori trentini che producono luppolo. Se da un lato questa coltivazione può essere un’interessante prospettiva imprenditoriale dall’altra si manifesta la difficoltà di intercettare i birrifici della nostra provincia e di creare una filiera a km zero almeno per il luppolo. Gli incontri in aula si sono conclusi poi con una carrellata sui diversi tipi di impianto per la maltazione ed una parte relativa ad una possibile costituzione di reti d’impresa.
Il corso poi si è spostato “sul campo”, con un viaggio studio che ha avuto come suo baricentro la Franconia nel Nord della Baviera. Qui i birrifici sono circa 200 in un’area piuttosto ristretta: vi si trova il più alto numero al mondo per chilometro quadrato e per abitante, uno ogni 5500 persone circa.
Non si è trattato di una mera gita, ma una vera e propria visita tecnica iniziata con un passaggio nella regione dell’Hallertau, da cui si ricava circa il 32% della produzione mondiale del luppolo. La prima sosta è stata a Spalt, al Museo della birra e del luppolo per poi continuare per Bamberga con e cena al birrificio Schlenkerla, dove si brassa una birra affumicata nota in tutto il mondo. Il giorno dopo la prima tappa è stata la distilleria a Streitberg, vicino Forchheim per poi fermarsi alla malteria Weyermann, un gigante della maltazione che esporta in tutto il mondo e che rifornisce anche molti birrifici tr
entini. La sera l’ultima fermata con una visita al birrificio Knoblach, dove “il piccolo è bello” e le produzioni sono di altissima qualità. Prima del rientro con un bottino ricco di spunti tecnici, i partecipanti sono ritornati a Schlenkerla per una vista al birrificio con malteria interna che affumica direttamente anche il malto per le sue Rauchbier. Il gruppo è stato ammaliato dalla favolosa sala di cottura e si è fermato nelle cantine di maturazione per brindare al viaggio con una Maerzen spillata direttamente dai serbatoi.
Sicuramente questo corso è stato un’ulteriore spinta per far crescere non solo il mondo brassicolo della nostra provincia ma tutta la filiera della birra. La speranza
è quella di poter avere un prodotto 100% trentino. Manca un tassello: la maltazione; ci sono agricoltori che stanno riscoprendo i cereali ma manca ancora una malteria che posso trasformare i chicchi di orzo. C’è l’idea che ne possa nascerne una alla Fondazione Mach ma per ora rimane un’ipotesi ancora tutta da confermare. Certo sarebbe quell’elemento essenziale che potrebbe legare il mondo agricolo con quello artigianale dei birrifici, proprio nello spirito di sinergia tra attività imprenditoriali diverse che è stata l’elemento fondate di questo corso.